Ci sono alcune immagini che non si riesce a cacciare via dalla testa. Ciò probabilmente accade perché c’è qualcosa di sottinteso tra le righe, un segreto che si annida tra le forme e che tenta con diversi espedienti di venire alla luce. Ma solo per chi è disposto ad osservare, per chi ha la pazienza di non fermarsi alla superficie. È da un paio di giorni che mi sono imbattuto sul web in alcune opere di un artista bosniaco che vive e lavora in Finlandia, Mirza Cizmic (Banja Luka, Bosnia ed Erzegovina, 1985) e, come dicevo prima, non riesco a cacciarle via dalla mente, mi sento ipnotizzato. Mi soffermo in particolar modo sulla serie pittorica Stolen memories, opere dal gusto pop e allo stesso tempo rétro, ritratti fotografici conditi di ironico surrealismo.
La pittura a olio poi, stesa sulla tela come fosse un pennarello, mi evoca i disegni colorati che molti di noi facevano da piccoli. A proposito di infanzia, questa serie di lavori mi lascia pensare a una scatola di cartone in cui sono custodite migliaia di fotografie, riunioni di famiglia, momenti di vita. Con la pittura, entra però in gioco l’artificio dell’immaginazione, che si fa creatrice di altri mondi, fossero anche lucidi incubi, sogni inquietanti. L’inquietudine, seppure in salsa ironica, è a mio avviso l’ingrediente principale dell’arte di Mirza, accompagnata da un senso di velata malinconia. Per questo non poteva che piacermi molto. I personaggi raffigurati, bambini, uomini in costume, animali, arzille signore, popolano questo bizzarro universo in cui anche l’impossibile sembra essere la cosa più normale del mondo. I gesti, le espressioni spesso grottesche dipinte con disarmante naturalezza, costruiscono un’atmosfera quasi teatrale. Non è dato sapere chi siano i soggetti immortalati, forse parenti, conoscenti, estranei, ricordi metamorfizzati in maschere che recitano il proprio ruolo in camere dai fitti dettagli, particolari che si fondono coi protagonisti stessi. Ambienti in cui non esiste il bene o il male, solo una realtà sospesa in cui tutto potrebbe essere parte di un gioco. Ecco, forse gli elementi ritratti nei dipinti di Mirza sono proprio dei bambini – benché molti possano sembrare adulti o anziani – intenti a giocare che, del resto, è come vivere. Il gioco non è infatti solo sinonimo di svago, ma è anche avventura che può nascondere insidie, scelte, prove da affrontare, ruoli da interpretare. È così che le circostanze della vita possono superare di gran lunga la fantasia.
C’è naturalmente del vissuto in quest’arte, pur espresso attraverso il filtro del colore e del sarcasmo, s’intravedono le radici di una terra natia lontana e ferita da un passato travagliato, di un’umanità bisognosa di eroi. In ogni centimetro di colore, in ogni caso, emerge la voglia di rivoltare stereotipi e luoghi comuni della vita di tutti i giorni, mescolando il reale con il possibile, almeno nella pittura, nell’arte, l’unico strumento che consente una vera e piena libertà.