Sarà questo violento caldo d’agosto a chiudermi sovente l’appetito, così trovo che il cibo sia migliore da osservare che da mangiare. Certo qui in Sicilia è arduo non concedersi spuntini a qualsiasi ora del giorno, giusto perché, anche solo passeggiando per strada, il cibo te lo tirano in faccia. Io stesso lo considero uno dei primi piaceri della vita, se non il massimo e, come per buona parte degli abitanti isolani, vale l’assioma non mangio per vivere ma vivo per mangiare. Letemperature sahariane della stagione fanno sì che ci si possa sentire male molto facilmente qualora si decida – ed è comunque la maggior parte delle volte – di cedere ai peccati della gola. Nel precedente articolo ho giusto scritto di un’artista che creava deliziosi pattern edibili, e stavolta invece non posso non soffermarmi su altri due bizzarri e adorabili personaggi che col cibo danno vita a squisiti e ironici diorami. La coppia in questione, partner nel lavoro e nella vita, è composta dai due fotografi Pierre Javelle e Akiko Ida – rispettivamente da Francia e Giappone – conosciutisi durante il proprio percorso formativo a Versailles. Dopo varie esperienze professionali e collaborazioni nel campo della fotografia Akiko scopre per caso la Food Photography e si lascia coinvolgere in un progetto.
Così si vi si appassiona e ne fa il proprio mestiere, arricchendo ormai da anni migliaia di libri di ricette. Col tempo coinvolge il marito Pierre, inizialmente restìo a questo settore fotografico, ed egli ne resterà notevolmente influenzato. Piano piano, per esigenze professionali, condite da un pizzico di divertimento, nasce il progetto, che dura tutt’ora, di Minimiam, una crasi tra mini, ovvero ‘piccolo’, e il termine francese miam, quello che gli inglesi potrebbero definire con yummy e che in italiano potrebbe corrispondere a ‘gnam’, nell’accezione in ogni caso di appetitoso. Quel che ne esce fuori è incredibilmente umoristico, poetico, sorprendente. Con modellini di trenini e ogni tipo di frutta, verdura o formaggio, i loro scatti mostrano la vita sociale di persone in miniatura catturate in situazioni quotidiane, mentre scivolano su monti di mousse al cioccolato, pattinano su distese dipanna montata, riparano un cracker frantumato etc.
Queste insolite avventure fotografiche hanno il pregio di ingrandire la realtà che sfugge spesso ai nostri occhi, focalizzando l’attenzione su quei particolari che il più delle volte non notiamo. È così che la buccia di un kiwi somiglia effettivamente a un prato tagliato o la trama di una fetta di salmone può evocare le onde del mare arrossato al tramonto. Con le loro immagini cambia ogni punto di vista e il loro obiettivo è proprio sorprendere gli spettatori, incitati così a prestare maggiore attenzione a quel che li circonda. A me è capitato spesso di notare impercettibili particolari del cibo, osservarli per minuti. Una fetta di arancia, con le sue minuscole sacche contenenti acqua e fruttosio, in controluce si trasforma nella vetrata di un bellissimo rosone gotico. Ogni frutto, ogni verdura, ogni cibo può trasformarsi in qualcos’altro, concentrandosi sul dettaglio. Forse è anche questo il consiglio dei due artisti, provare a rallentare i nostri ritmi, osservare il mondo anche mentre siamo banalmente a tavola. Anche lì si annida una inaspettata e neanche tanto celata bellezza.